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Genere: documentarioThe True Cost

Anno: 2015

Durata: 92 minuti

Regista: Andrew Morgan

Produttore: Michael Ross

Musica: Duncan Blickenstaff

Trailer ufficiale in inglese https://www.youtube.com/watch?v=OaGp5_Sfbss

Il film

Il docufilm è stato girato in diversi Paesi del mondo: dalle passerelle della moda ai sobborghi di paesi dove si svolge gran parte del processo di produzione in condizioni di estremo disagio.

The True Cost è arricchito da interviste con giornalisti che si occupano del tema della giustizia sociale nel mondo, economisti che presentano una visione nuova e differente sul valore dei soldi, psicologi che studiano l'impatto delle pratiche consumistiche sulla psiche delle persone. In altre ci è proposto il parere di Vandana Shiva, Stella MacCartney e Livia Firth sull'argomento.

 

Il docufilm di Andrew Morgan cambia radicalmente il nostro atteggiamento nei confronti della moda a basso costo: ci fa conoscere il “vero costo” degli abiti che acquistiamo e che sono stati prodotti da persone, in genere donne, che nei paesi del Sud del Mondo lavorano in condizioni di vera e propria schiavitù, vivono in povertà estrema e non hanno alcuna forma di sicurezza sul luogo di lavoro. Il rischio di morte di chi tesse gli abiti che indossiamo abitualmente è altissimo.

Basti pensare a uno degli eventi più tragici documentato dal film: l’incendio e il crollo del palazzo adibito alla tessitura in Rana Plaza a Savar in Bangladesh. In questo disastro sono morte 1129 persone, ma nei nostri media se n’è parlato assai poco.

Le multinazionali della moda delegano parte della loro produzione alle aziende di questi paesi perché il costo è ridottissimo e perché non hanno alcuna responsabilità nei confronti dei lavoratori, che non sono loro dipendenti. Le aziende locali che li hanno assunti non garantiscono il rispetto dei loro diritti grazie alla connivenza dei governi locali, che hanno trovato nel tessile una vera miniera d’oro. Le poche rivolte vengono spesso soffocate nel sangue senza che a noi giunga notizia alcuna.

Negli ultimi 20 anni il consumo di abbigliamento è aumentato del 500% e, conseguentemente, è cresciuta a dismisura la tendenza alla fast fashion da parte delle multinazionali della moda che producono sempre più abbigliamento “low cost”.

Il viaggio di Andrew Morgan in Bangladesh e in altri paesi produttori del tessile che indossiamo rivela la brutalità di questo sistema, ma anche alcuni semi di speranza, che è importante evidenziare: alcune aziende, infatti, stanno cercando di modificare la situazione, stabilendo criteri di sostenibilità ambientale e di trattamento equo dei lavoratori. Sono così nati marchi “equosolidali” che cambiano radicalmente le caratteristiche di questo modello di produzione, sottraendolo alle sue estreme conseguenze, oggi per lo più imperanti sotto la falsa teoria per cui la regolamentazione dei diritti costituirebbe un ostacolo alle regole del libero mercato.

Come sempre l’interrogativo che ciascuno di noi si pone è “ma cosa posso fare io come singola persona?”. La risposta ce la dà Livia Firth (co-produttrice del documentario) che in una intervista ha dichiarato: "Tutti sappiamo del fast food ma nessuno parla di questa "fast fashion", che comunque è uguale; se ognuno di noi cominciasse a consumare in modo diverso, perché noi consumatori siamo molto forti, ogni volta che compriamo qualcosa … quello è il nostro voto - noi votiamo con il nostro portafoglio".

 Scarica la scheda in formato pdf

Triciclo – luglio 2017

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